/cà·ne/ nel mondo

Si noti che già anche nell’antica Roma canis designava per traslazione una persona vile o spudorata.
La parola catulus era la stessa usata per molti cuccioli, non solo di cane. In Grecia il termine per il nostro amico peloso era κύων –ku(o)n kunòs (anche canaglia deriverebbe da qui).

Gli anglofoni lo chiamano dog; chien (chienne al femminile) i francofoni; Hund (Hündin se femmina) i tedeschi, i danesi (hunhund al femminile), i norvegesi e gli svedesi, ma hond gli olandesi; perro gli spagnoli, cão (cadela al femminile) i portoghesi; köpek i turchi, sag i persiani. In Grecia, cane è σκύλος, scritto come skýlos, dove la ‘y’ è pronunciata con un suono ‘ee’.

Tra i nativi americani ogni tribù ha un vocabolo specifico per menzionare il cane: per esempio, in lingua apache è góshé, ma in cherokee gi tli, mentre in cheyenne hotame, oeskeso.

I russi e gli ucraini per dire cane usano собака  – sobaka –, che indica anche la @ perché a loro sembra assomigliare al naso del cane. E nel subcontinente indiano? Il cane è un कुत्ता, scritto come kutta, dove la ‘u’ è pronunciata come ‘oo’.

Buongiorno, cani, ciao

Buongiorno, cani, ciao
cagnolini cagnolini cagnazzi
misterioso dono della
Incantevoli compagni di viaggio
che ci fissate negli occhi
con esagerata.
Belli come boschi come il vento
girano su e giù per la casa
come fiumi come rupi
come nuvole innamorate.
Belli quando ronfate
fate bave spazzate immondizie.
Egoisti, sporchi, noiosi
rompiscatole, puzzolenti, ingordi,
sudicioni, petulanti, tangheri,
Dio vi benedica.

La vita di Dino Buzzati venne rallegrata dalla presenza di otto adorati cani con cui ebbe un’intesa particolarmente profonda e consolidata.
Questi animali si ritrovano spesso nei suoi dipinti e nella sua narrativa, in cui ricoprono i ruoli di veri e propri protagonisti, capaci di esaltare e mettere in evidenza le contraddizioni e i difetti di noi umani.

“Grande cane in piazza in una giornata di sole”, 1969. Dino Buzzati

Il cane e l’osso

Poldo era un cane vecchio e malandato; era andato dal macellaio del paese ed era riuscito a farsi dare un osso bello e con tanto grasso.
“Questo me lo prendo e lo porto nella mia tana nel bosco per mangiarlo in tranquillità. – pensò – Io non sono come il mio povero amico Zac che è costretto a mangiare crocchini e petti di pollo.”
Lungo la strada, passando su di un ponticello sopra un fiumiciattolo, vide riflesso nell’ acqua un altro cane con in bocca un osso buono e invitante come il suo.
“Due ossi sono meglio di uno! – pensò – Sì, sì, mi prendo anche quello …”.
Subito entrò col muso nell’ acqua cercando di afferrare l’altro osso, ma così facendo aprì la bocca, perse la preda che prima teneva tra i denti e in più si trovò con il muso sporco di acqua limacciosa.

La favola insegna che chi tropo vuole, nulla stringe.

(dalle Favole di Esopo e Fedro )

Marco Redaelli Spreafico

Ti accompagno a teatro

La Psicologia sociale è la disciplina a forte componente sperimentale che si occupa di studiare i processi di socializzazione e di interazione sociale.
Il suo oggetto di studio è il comportamento umano, ma si vuole qui portare all’attenzione su un interessante social experiment che ha visto protagonisti alcuni cani addestrati dal canadese K-9 Country Inn Working Service Dogs (un programma indipendente di addestramento e accreditamento per cani da servizio) per diventare cani guida specializzati in programmi di primo soccorso e/o di sostegno a persone con disabilità o con disturbi post-traumatici.

Era l’estate 2019.

Location dell’esperimento è stato nientemeno che un teatro di Stratford (Ontario, Canada, in cui si svolge un celebre Festival di drammi contemporanei e musical): pubblico speciale quello dei cani tirocinanti che, senza distrarsi, ha assistito ‘in forma privata’ al musical Billy Elliot.

Lo scopo? Esercitarsi ad accompagnare a teatro o a manifestazioni in presenza di molte persone i loro proprietari, portatori di qualche difficoltà. Tale specifico «allenamento» ha permesso agli istruttori di mettere alla prova la capacità dei cagnolini di mantenersi vigili e attenti all’interno di una situazione non ordinaria quale è uno spettacolo teatrale, in cui si alternano moltissimi stimoli veloci sotto forma di luci anche intense, suoni, rumori e buio.
Una scuola di buone maniere insomma (agli animali era richiesto di saper restare rilassati, in uno spazio definito, e composti per lungo tempo), per una missione più che seria e impegnativa, anche se l’immagine che ritrae il gruppo dei pelosi in platea è decisamente divertente.
Pochi sono stati quelli che hanno schiacciato un pisolino, per lo più tutti hanno seguito lo spettacolo concentrati e in silenzio.

Morale: dai cani abbiamo sempre da imparare, anche a godere di uno spettacolo a Teatro.

di Chiara Rossi

La carriera musicale di Seamus

Annata impegnativa il 1971 per i Pink Floyd: successi commerciali e date programmate fino al 1973 per molti concerti live. Eppure il 30 ottobre, negli Stati Uniti pubblicarono il loro album Meddle, un evidente ritorno al rock dopo sperimentazioni ardite e incursioni nel blues e nel folk.
Qualcosa di speciale contraddistinse comunque anche questo lavoro: infatti, l’ultimo brano della facciata A contemplava nientemeno che un cantante d’eccezione: Seamus, un delizioso cane tra i molti di Steve Marriott – membro degli Humble Pie – che per lavoro si trovava negli USA, affidato alle amorevoli cure di Dave (David Jon Gilmour, che dal 1968 al 1995 fu il chitarrista e cantante dei Pink Floyd – N.d.R.), che lo portava con sé nello studio di registrazione.
Ebbene sì, Seamus cantava (ululava, insomma), non appena Dave tirava fuori un’armonica o la sua chitarra (a seconda delle versioni del racconto) e iniziava a suonarla. I quattro decisero così non solo di inserire i latrati di Seamus, che ‘diede il la’ a una canzone blues, ma anche di intitolarla con il suo stesso nome.

Per ascoltarla clicca qui: |VIDEO|

Il testo (sei versi cantilenanti) è piuttosto essenziale, ma la suggestione creata dall’abbaiare dei cani è notevole. Solo alla fine, si comprende in realtà che stava piangendo.
Seamus (1971)
I was in the kitchen 
Seamus, that’s the dog, was outside 
well I was in the kitchen 
Seamus, my own hound, was outside 
well you know the sun was sinking slowly 
and my own hound-dog sat right down and cried.

Traduzione

Ero in cucina
Seamus, il cane, era fuori.
Così, ero nella cucina,
Seamus, il mio Levriero, era fuori
così, sapete, il sole affondava lentamente
e il mio Levriero si sedette a terra e pianse.
L’unica versione live venne eseguita nell’anfiteatro romano di Pompei, concerto che divenne poi un film: Pink Floyd Live at Pompei, con la regia di Adrian Maben.
Si ricorda anche una variazione di Seamus, grazie alla partecipazione di Nobs, la femmina bianca di levriero russo di Roger Waters.
Accompagnò la melodia con la classe di un’autentica solista, stesa sul palco con qualcuno che le teneva il microfono davanti al muso.
Quegli intonatissimi ululati furono così apprezzati che i Pink Floyd modificarono il titolo in Modamoiselle Nobs.

di Chiara Rossi